Contratto a tempo determinato: significato, durata minima, proroga, rinnovo

Contratto a tempo determinato: significato, durata minima, proroga, rinnovo

Una delle più comuni fattispecie di regolamentazione del rapporto di lavoro è sicuramente il contratto a tempo determinato. Largamente utilizzato dalle aziende, sebbene le statistiche registrano un’inversione di tendenza, si tratta di una tipologia di contratto di lavoro subordinato che presenta delle caratteristiche fondamentali le quali tracciano delle differenze con le altre casistiche di regolamentazione del rapporto tra datore di lavoro e dipendente.

 

Che cos’è il tempo determinato: significato dell’espressione

Prima di iniziare una trattazione che possa essere quanto più completa e corretta possibile su un argomento di ampio respiro, occorre senza dubbio enunciare una definizione formale di quanto la giurisprudenza intende per l’espressione ‘tempo determinato’.

Si tratta di una dicitura che viene utilizzata per indicare una tipologia di contratto nel quale è presente un’apposizione che regola la durata del rapporto di lavoro, fissandola in termini temporali ben definiti.

La disciplina del contratto a tempo determinato è contenuta nel Decreto legislativo n. 81/2015, modificato recentemente dal Decreto legge n. 87/2018, convertito dalla Legge n. 96/2018.

Contratto a termine, la caratteristica fondamentale del lavoro a tempo determinato

Il tempo determinato rappresenta la caratteristica più importante di questa fattispecie, in quanto, con l’indicazione di un vero e proprio termine della relazione che intercorre tra il datore di lavoro e il lavoratore, traccia la distinzione più netta rispetto al suo ‘naturale opposto’, ossia il contratto a tempo indeterminato. L'apposizione del termine, a pena di nullità, deve risultare dall'atto scritto, fatta eccezione per i rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni.

Contratto di lavoro a tempo determinato: cosa dice la legge su durata, proroga e rinnovo

Sebbene sia il contratto a tempo indeterminato la forma comune del rapporto di lavoro subordinato, i contratti a termine possono essere uno strumento più flessibile che viene incontro alle esigenze del datore di lavoro e del lavoratore, in determinate circostanze. Queste vengono regolate in maniera precisa per tutti i punti che seguono, e ovviamente per altri. Tante le particolarità che riserva questa tipologia di contratto di lavoro.

Contratto a tempo determinato: qual è la durata massima?

Una fattispecie di questo genere, per i vantaggi che abbiamo annunciato in precedenza, rischia di divenire uno strumento improprio sia per il datore di lavoro che per il dipendente. A tal proposito, la legge ha fissato una durata massima del contratto a tempo determinato in un lasso temporale di dodici mesi.

Non si può dunque stipulare alcun contratto a termine che ecceda questo margine; tuttavia, la durata massima può essere elevata a ventiquattro mesi solo in presenza di particolari esigenze: temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività; sostitutive di altri lavoratori; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.

A tal proposito, vien da sé che un contratto a tempo determinato non possa superare i ventiquattro mesi, comprensivi di proroghe e/o per effetto di più contratti. Sfuggono a questa regola diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Durata minima contratto a tempo determinato: non è prevista dalla legge

Il pensiero comune potrebbe indurre a concepire un contratto di lavoro a tempo determinato come una tipologia di rapporto di lavoro nel quale, oltre ad occorrere una durata massima, anche una durata minima del rapporto venga stabilita dalla legge.

Nonostante il Decreto Dignità vi abbia apportato delle sostanziali modifiche, ebbene quest’ultima non è ancora stata indicata dal legislatore, che ha preferito non stabilirne una. A conferma di ciò, la previsione del comma 4 dell’art. 19: la norma prevede un’eccezione alla forma scritta al contratto di lavoro subordinato a termine, ossia i “rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni”.

In un’ottica del genere viene confermato il pensiero secondo cui il contratto di lavoro a tempo determinato presenti caratteristiche di flessibilità e possa essere adoperato anche per lavori di brevissima o breve estensione temporale.

Proroga contratto a tempo determinato, come funziona

In quali condizioni è possibile effettuare una proroga a un contratto a tempo determinato? Questa fattispecie si verifica nei casi in cui ci sia la volontà del datore di lavoro e del dipendente a tempo determinato di modificare la data di scadenza dell’accordo, fino a un massimo di quattro volte, indipendentemente dal numero dei rinnovi, esclusivamente entro questo limite e con il consenso del lavoratore.

Cosa succede se si eccedono le quattro proroghe? In questo caso, il contratto di lavoro a tempo determinato si trasforma in contratto a tempo indeterminato. La data nella quale inizia la sua validità è quella di decorrenza della quinta proroga.

Rinnovo contratto a tempo determinato, cosa dice la legge

Differentemente dalla proroga, il rinnovo di un contratto a tempo determinato prevede che venga attivato un nuovo contratto a termine a un dipendente che in precedenza ha già lavorato presso l’azienda con la stessa modalità.

Per queste ipotesi, la legge stabilisce che è necessario che trascorra un lasso di tempo tra i due contratti a termine. Questo dev’essere stipulato tra le stesse parti contrattuali, e deve consistere in un intervallo di 10 giorni se la durata del primo contratto è inferiore ai 6 mesi e in un intervallo di 20 giorni se la durata del primo contratto è superiore ai 6 mesi.

 

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