Coronavirus e quello a cui non pensi dell’impatto sulla salute

Coronavirus e quello a cui non pensi dell’impatto sulla salute

In questo periodo non si parla d’altro e nonostante questo non vi sono molte informazioni su quale potrebbe essere la portata dell’impatto del coronavirus.

Non s’intende quanto espressamente riferito al virus, alla sua diffusione e alle sue complicanze mediche; ma a tutto il contorno di ambiti produttivi, economici e di salute a cui non si pensa immediatamente, a meno che non lavori nel pharma e sei a contatto ogni giorno con produzione e studi clinici.

Siamo ormai ben a conoscenza delle pesanti ripercussioni in campo medico del coronavirus, a partire ad esempio dal sovraccarico di lavoro che sta interessando i reparti ospedalieri delle zone interessate dalla diffusione del virus Covid-19, e ogni giorno i media nazionali non fanno altro che ricordarci e ribadirci questi aspetti; ma l’impatto non finisce qui, anzi, da qui inizia.

Le misure di contenimento del virus sulla popolazione, attuate in primis in Cina e poi anche in Italia, hanno avuto conseguenze anche sulle attività industriali ed economiche ad ogni livello, in parte bloccandole o rallentandole enormemente; questo potrebbe modificare drammaticamente lo scenario di disponibilità di farmaci e di materie prime o di intermedi di sintesi. Ci potrebbe essere quindi una carenza di farmaci? Di tutti i farmaci, compresi i salvavita gli indispensabili per la gestione delle urgenze, ecc.?

Al momento le informazioni dalle associazioni farmaceutiche di categoria sono tranquillizzanti: gli stock produttivi nelle aree cinesi, zona in cui si concentra una alta produzione di principi attivi, permettono una certa flessibilità, ma la situazione va costantemente monitorata. La situazione viene gestita dalle aziende attraverso continuity plan, cioè piani di emergenza che nel caso di problemi consentono di attivare fornitori di back up. Ma tutto questo se il periodo di misure restrittive rimane breve. Rimane comunque essenziale per scongiurare scenari non gestibili da questi piani di emergenza produttiva, che le informazioni diffuse sul coronavirus non creino inutili allarmismi per evitare accaparramento inutili di medicinali da parte delle persone, e quindi determinando effettivamente carenze degli stessi.  

L’altra grande area che desta preoccupazione e che impatta sulle aziende farmaceutiche e sul sistema salute è la gestione degli studi clinici in corso in questo momento. Anche in questo caso una informazione allarmistica sulle possibilità di contagio in ospedale porta i pazienti arruolati negli studi a saltare le visite in ospedale previste dai protocolli, con importanti conseguenze nel breve sulla gestione degli stessi ma soprattutto nel lungo periodo presentandosi all’orizzonte la minaccia, nello scenario peggiore, di veder vanificato un investimento di salute ed economico per lo sviluppo di un nuovo farmaco. In questa situazione, che rende complicato il normale lavoro quotidiano, ci si rende ancor di più conto quanto sia importante il ruolo del paziente come partecipante attivo e consapevole alla ricerca clinica; proprio al fine di comprendere appieno oltre ai propri diritti anche i doveri che derivano dalla partecipazione a uno studio clinico e le conseguenze delle proprie azioni. Dovremo continuare a percorrere la strada del coinvolgimento del paziente esperto e della migliore diffusione delle informazioni, per poter prevenire in futuro situazioni analoghe. 

Se non altro, possiamo affermare che questa emergenza ha confermato ancora una volta come sia necessario un approccio partecipativo, collaborativo e informato di tutti gli stakeholder che si trovano nel sistema salute: sistema sanitario, pazienti, aziende farmaceutiche e soprattutto media e/o i sistemi di veicolazione delle informazioni.

 

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