L’Italia è il secondo player europeo per l’export in fiera.
Il Made in Italy va incontro a un vero e proprio boom, con le esportazioni nate in fiera volano di sviluppo trasversale per tutti i comparti. Le manifestazioni che attraggono espositori e buyer dall’estero, nonostante il duro colpo inferto dalla pandemia, nonché quanto dovranno affrontare a causa della guerra, restano una parte fondamentale dell’economia italiana.
Un sistema fieristico, quello italiano, che ha dimostrato capacità di resilienza e di ripresa, confermandosi alle spalle di quello tedesco, come spiega Fondazione Fiera Milano in un rapporto di recente pubblicazione. Il documento mette a confronto i quattro principali sistemi fieristici europei (Germania, Italia, Francia e Spagna) tra loro e con il sistema statunitense, nel periodo 2015-2019.
Secondo quanto riportato da Aefi, l’associazione delle fiere italiane, ogni anno il 50% delle esportazioni italiane è frutto dei contatti attivati e sviluppati in occasione delle rassegne espositive. Dunque, la metà di quei 516 miliardi – questa la stima dell’export italiano del 2021 – è figlia di un lavoro nato in fiera, nonostante nel corso degli ultimi anni non siano state certo molte le manifestazioni fieristiche in presenza e con il pubblico.
Ma ci sono anche dei dati da leggere con un ottimismo decisamente più cauto. Se nel 2020 è aumentata la concentrazione delle esportazioni realizzata dai primi mille operatori, viceversa si è ridotta la quota realizzata dalle aziende più piccole, proprio quelle che dall’export in fiera beneficiano in maniera maggiore. D’altronde, le grandi multinazionali non basano certo il proprio futuro sulle manifestazioni fieristiche, importantissime, invece, per le PMI.
