Coronavirus e smart working: come il lavoro agile

Smart working: come il lavoro agile combatte la paralisi da epidemia

L’emergenza epidemiologica che ha colpito il nostro Paese nelle ultime settimane impone la quarantena nelle ‘zone rosse’. Le disposizioni del Governo sul telelavoro: ecco come oggi può essere uno strumento indispensabile per le aziende

 

L’emergenza ha letteralmente paralizzato numerosi aspetti della vita quotidiana dei cittadini delle ‘zone rosse’, ossia quelle direttamente interessate dal contagio del COVID-19. Per chi risiede in queste aree, il Governo ha disposto il divieto di allontanamento e di accesso, la sospensione di manifestazioni di qualsiasi tipo, la chiusura di scuole e università, ma soprattutto la sospensione delle attività lavorative per le imprese, a esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità.

Scatta così quasi implicito il bisogno da parte delle aziende di ricorrere a modalità di lavoro come quella dello smart working. L’ultimo decreto legge, datato domenica 23 febbraio, ha disposto, all’articolo 2, che le modalità di “lavoro agile” siano applicate in via provvisoria, sino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, nonché per i lavoratori residenti o domiciliati in queste regioni che svolgano attività lavorative fuori da tali territori.

Un emendamento che le aziende di Milano e hinterland hanno già messo in atto. In particolar modo, sembrerebbe che siano le grandi multinazionali – come in effetti da logica – ad abbracciare in fretta e con favore l’opzione del lavoro agile.

Una strategia, questa, che in Italia abbiamo, per cultura e per abitudine, rifiutato per tanto, forse troppo tempo, ma che ora viene imposta dalle circostanze esterne. Che, in qualche modo, ci insegnano che, per moltissime aziende e figure lavorative, i dati e le informazioni di cui siamo in possesso, e che trattiamo nella nostra quotidianità lavorativa, possono essere gestiti anche in un ambiente diverso da quello ‘tradizionale’ dell’ufficio.

Non siamo ancora pronti? Non crediamo: è il caso, ad esempio, dell’Italcementi, il cui organico, dallo scorso martedì, lavora per l’85% in smart working. Una modalità imprevista, sì, ma non per questo completamente avulsa allo spirito di un’impresa di un settore che, storicamente, non sembrerebbe il più avvezzo al lavoro agile. Invece, grazie alla predisposizione di computer e attrezzature, e di un accesso virtuale dell’azienda e alle funzioni che normalmente svolgono, la realtà è quanto più vicina possibile.

Lo scenario coinvolgerà circa otto milioni di persone in tutto il Paese. Sdoganato solo da un virus che, se non altro, sta mettendo in luce nuove prospettive, che potrebbero rappresentare il futuro dei lavoratori italiani.

 

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