La Dinamica dell'Osservazione nel Colloquio di Selezione

La Dinamica dell'Osservazione nel Colloquio di Selezione

Che cosa accade nella testa di un selezionatore quando un nuovo candidato entra nella sua stanza per affrontare un colloquio di selezione? Naturalmente non ci sono standard predefiniti ed ogni persona è diversa dall’altra, ma possiamo sicuramente ritenere che alcuni processi mentali siano comuni alla maggior parte dei recruiter.

 

Che cosa passa nella mente di un recruiter durante un incontro di selezione?

Uno dei pensieri iniziali è legato alla prima impressione che il candidato suscita nel suo interlocutore ed è frutto di un’osservazione d’impatto che, per lo più, si delinea già nei primi cinque minuti del colloquio. Il selezionatore in questa fase, iniziale ma fondamentale, si sofferma sulla presenza, l’energia sprigionata dal saluto, la capacità di costruire subito una conversazione vivace, la postura consapevole ed assertiva.

Pensieri che viaggiano nella testa del recruiter e, mano a mano, vanno a definire un quadro sempre più chiaro di atteggiamenti, inclinazioni, aperture o rigidità manifestate dal candidato e che, nel corso del colloquio di selezione, saranno poi oggetto di domande tese a verificare l’effettiva attendibilità di questa prima impressione (se è vero, infatti, che quest’ultima può essere determinante, è anche vero però che un bravo selezionatore avrà la sua visione d’insieme solo al termine dell’incontro).

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Dopo i primi minuti, l’osservazione del recruiter si concentrerà sempre più in profondità su ulteriori aspetti e caratteristiche del suo interlocutore. In particolare, sull’esaustività di quanto racconta e sulla pertinenza rispetto ai contenuti della posizione per la quale si è proposto. In questa fase, l’osservazione rimane centrale, dal momento che non sono solo le esperienze professionali ad essere valutate, ma anche la modalità espressiva e la convinzione con cui il candidato le rappresenta. Il colloquio di selezione deve essere, infatti, concepito come un dialogo che, per essere mantenuto vivo, necessita del giusto coinvolgimento empatico e, per risultare veritiero nei contenuti, deve essere confermato da un’espressione non verbale coerente con quanto si afferma.

È per tale ragione che il selezionatore porrà sempre maggiore attenzione ai movimenti del candidato, alla loro tipologia, alla frequenza con cui cambia postura (e se lo fa in prossimità di domande “difficili” o critiche). Cercherà di interpretare, attraverso la lettura di queste dinamiche, l’attendibilità delle risposte, ovviamente poi rafforzando, anche in tale fase, la sua interpretazione del non-verbale con domande ad hoc, tese a comprendere se le sue convinzioni o le sue perplessità siano, o meno, corrette.

Anche la chiusura del colloquio di selezione è oggetto di attenta osservazione. Quando tutto sembra giocare a favore del candidato, ci può essere un nuovo elemento in grado di stravolgere l’ottima performance fino a quel momento ottenuta. La convinzione con cui il candidato, in caso di confermato interesse per la posizione, ribadirà la sua motivazione, l’effettivo interesse a saperne di più sul ruolo, sull’organizzazione, sul team, il modo in cui ringrazia dell’opportunità e la reale curiosità di conoscere i prossimi steps, sono sicuramente alcuni degli elementi che possono “rassicurare” o meno il selezionatore rispetto alla sua valutazione positiva.

In tutta questa dinamica relazionale l’aspetto della presenza e dello standing rappresenta un elemento che merita un approfondimento ulteriore. Il bravo selezionatore non è colui che valuta un candidato sulla base di personali canoni estetici, ma colui che è in grado di capire se quel determinato modo di presentarsi può essere in linea con il contesto nel quale la persona andrà, poi, ad operare. È, d’altro canto, naturale che subentrino anche delle valutazioni soggettive, essendo il colloquio di selezione un incontro tra persone, ma l’attenzione di chi seleziona dovrà sempre essere ricondotta, per quanto possibile, a quelli che sono i requisiti che il ruolo e l’ambiente richiedono, in termini di adattabilità ed armonia con i principi ispiratori e di contesto. Detto questo, è chiaro che esistono delle regole generali legate alla cura di sé e all’utilizzo di un abbigliamento consono ad un luogo di lavoro che devono essere sempre osservate durante un colloquio di selezione, a prescindere dalla tipologia di realtà e posizione per le quali ci si sta candidando.

In sintesi, le fasi dell’osservazione del selezionatore si basano sulla volontà di comprendere a fondo la personalità del candidato, la sua reale motivazione al cambiamento, la veridicità di quanto asserisce e, non da ultimo, l’armonia con il nuovo contesto. Con la giusta comprensione, però, da parte del recruiter di eventuali momenti di defaillances a cui il candidato può andare incontro e dovuti ad una normale “ansia da prestazione” che - se moderata e contenuta - non può costituire di per sé, e da sola, motivo di esclusione da un processo di selezione.

Dott.ssa Marilù Anaclerio
(Docente del Master Gestione, Sviluppo ed Amministrazione delle Risorse Umane)

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