Le sfide del genitore lavoratore fra attualità e nuovi auspici

Quanto incide la situazione lavorativa sulla scelta degli italiani di fare figli? Che cosa dovrebbero fare le aziende per dare sostegno alla genitorialità? Di quali strumenti, messi a disposizione delle aziende dal proprio sistema di welfare, i lavoratori preferirebbero disporre per poter conciliare meglio le esigenze di vita e di lavoro in presenza di figli?

 

Da più fronti emerge prepotentemente che la motivazione lavorativa è la ragione principale per cui gli italiani e le italiane fanno meno figli. Se le grandi multinazionali hanno capito da tempo che una politica di inclusione che faciliti la conciliazione fra vita e lavoro dei dipendenti è l’unico sistema per attirare e trattenere i migliori talenti e per avere in azienda un clima positivo che favorisca un aumento di produttività, le PMI, invece, faticano ancora a realizzare tutto ciò, tranne in alcuni esempi virtuosi.

Tema di sicuro rilievo in questo scenario è la disponibilità di servizi di cura dell’infanzia che consentano il rientro a lavoro della donna, riducendo, così, la penalizzazione del lavoro della madre. Detto questo, la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata deve essere, però, il risultato di un insieme di misure di iniziativa pubblica modulari, specifiche, affiancabili, sommabili e complementari a quelle erogate o offerte da altri attori (membri della stessa famiglia come i nonni, altre famiglie, terzo settore, comunità). Esse devono, inoltre, rispondere a bisogni per definizione temporanei e circoscritti (che emergono in corrispondenza di precise fasi della vita della persona) e, presumibilmente, in modo tempestivo.

La letteratura concorda nell’attribuire alle politiche di conciliazione tra lavoro di cura e lavoro retribuito una fondamentale importanza nel sostenere scelte riproduttive più serene e nel sostenere l’occupazione femminile.

Si rende, poi, sempre più necessario sfatare vecchi miti, ancora prepotentemente imperanti nel mondo del lavoro italiano, come quello che vede la maternità come un periodo di debolezza lavorativa per una donna e, in generale, per un genitore.
La maternità (e la paternità) permettono, invece, di acquisire delle competenze assolutamente compatibili con la nuova idea di leadership che le aziende ricercano ora: empatia, capacità di ascolto, gestione più efficace del tempo, creatività, gestione delle crisi, autorevolezza, problem solving, consapevolezza del presente, pianificazione, visione del futuro, gestione del cambiamento, capacità di saper delegare e motivare gli altri.

Competenze che nascono e prolificano, avendo come terreno di espansione la qualità della relazione umana. Tutte doti che sono perfettamente in linea con il profilo di leader che le aziende più sensibili al cambiamento nel mondo del lavoro stanno cercando attualmente.

Bisogna interpretare il ritorno al lavoro dopo il periodo di congedo come un’opportunità per le donne, per gli uomini e per le aziende, per trasformare le competenze della genitorialità in una diversa organizzazione del lavoro, per far crescere la squadra, per snellire i processi lavorativi. Bisogna strutturare percorsi paralleli per le mamme in congedo e per le aziende: i primi sono atti a sfruttare il periodo di congedo delle neo mamme per aiutarle ad acquisire gli elementi di base della consapevolezza che trasforma le competenze genitoriali in competenze di leadership. Mentre il percorso per le aziende si dovrebbe concentrare nell’acquisire le competenze per gestire al meglio il rientro di una dipendente dal periodo di maternità e convogliare le nuove competenze della mamma in risorse qualitativamente significative per i gruppi di lavoro, a qualsiasi livello gerarchico esse si esplichino.

È urgente il bisogno di un ulteriore, più profondo e strutturale cambiamento nella nostra società. Proprio perché il mondo del lavoro è radicalmente cambiato. Non accettare questo cambiamento non fa altro che male ai nostri figli. Al futuro del nostro mondo.

Dott.ssa Marilù Anaclerio
(Docente del Master Gestione, Sviluppo ed Amministrazione delle Risorse Umane)

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