Alma Laboris Business School - Placement e Carriere

Carta e penna: il cartaceo serve ancora nella formazione?

Nell'era digitale in cui viviamo, dominata da tablet, smartphone e computer portatili, la domanda sorge spontanea: la carta e la penna hanno ancora un ruolo nella formazione? È una provocazione forte, ma necessaria. Siamo davvero pronti a rinunciare alla tangibilità del cartaceo in nome di una presunta efficienza digitale?

Il valore sensoriale e cognitivo della carta

Immaginate un'aula scolastica o universitaria. Gli studenti, anziché scrivere appunti su fogli di carta, digitano freneticamente sui loro dispositivi. Certo, è innegabile la comodità di avere tutto a portata di clic, ma cosa stiamo sacrificando in questo passaggio verso il digitale? Studi scientifici dimostrano che la scrittura manuale attiva aree del cervello diverse rispetto alla digitazione. Quando scriviamo a mano, elaboriamo le informazioni in modo più approfondito, favorendo una comprensione e una memorizzazione migliori. La carta e la penna non sono solo strumenti di scrittura; sono strumenti cognitivi.

Ma c'è di più. La carta ha un valore intrinseco che va oltre la semplice funzione di supporto per la scrittura. Pensiamo al piacere tattile di sfogliare un libro, al suono della penna che scorre su un foglio, alla soddisfazione di vedere riempirsi una pagina bianca con i nostri pensieri. Questi sono aspetti sensoriali che il digitale non può replicare. La carta offre una pausa dalla schermata incessante e luminosa che affatica i nostri occhi e la nostra mente.

E poi c'è il fattore distrazione. Un quaderno non ti interrompe con notifiche di email, messaggi o aggiornamenti sui social media. È uno spazio dedicato e concentrato, dove l'apprendimento può avvenire senza interruzioni. Nel mondo digitale, siamo costantemente bombardati da stimoli esterni, e questa sovrastimolazione può compromettere la nostra capacità di concentrazione e approfondimento.

I vantaggi del digitale nella formazione

Tuttavia, non possiamo ignorare i numerosi vantaggi che la tecnologia digitale porta nella formazione. I dispositivi elettronici consentono un accesso immediato a una vasta gamma di risorse educative, inclusi articoli, video, e-learning e applicazioni interattive. La possibilità di connettersi e collaborare con studenti e insegnanti di tutto il mondo ha rivoluzionato il modo in cui impariamo e insegniamo.

Il digitale offre anche strumenti avanzati per l'organizzazione e la gestione degli studi. Appunti digitali, calendari sincronizzati e strumenti di produttività aiutano gli studenti a rimanere organizzati e a gestire meglio il loro tempo. Inoltre, le tecnologie di apprendimento adattativo personalizzano l'esperienza educativa in base alle esigenze individuali degli studenti, migliorando l'efficacia dell'apprendimento.

Sostenibilità e approccio ibrido nella formazione

Il cartaceo ha anche un valore ecologico non trascurabile. È vero, la produzione di carta richiede risorse naturali, ma l'industria cartaria ha fatto passi da gigante verso la sostenibilità, con pratiche di riforestazione e l'uso di materiali riciclati. Inoltre, i dispositivi elettronici hanno un impatto ambientale significativo, dalla produzione allo smaltimento, senza contare il consumo energetico. La carta, se gestita correttamente, può essere una risorsa rinnovabile e sostenibile.

Nel contesto della formazione, il cartaceo offre una sorta di rifugio, un ritorno alla semplicità che facilita la concentrazione e la riflessione. Tuttavia, è essenziale riconoscere che il digitale non è un nemico, ma un potente alleato. Le scuole e le università dovrebbero forse adottare un approccio ibrido, sfruttando i vantaggi del digitale senza abbandonare completamente il cartaceo. Perché non il meglio di entrambi i mondi?

Verso la giornata mondiale del dono - Alma Social TV

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C'è chi punta alla settimana lunga: il caso della Grecia

Mentre il mondo guarda con interesse crescente alle nuove modalità di organizzazione del lavoro, puntando sulla settimana corta e sui venerdì brevi per migliorare il benessere dei dipendenti, la Grecia intraprende una strada diversa e controcorrente. Da lunedì 1 luglio, le aziende di diversi settori in Grecia possono richiedere ai propri dipendenti di lavorare fino a 48 ore distribuite su sei giorni alla settimana. Inoltre, coloro che hanno un impiego a tempo pieno potranno accettare un secondo lavoro part-time, arrivando a un massimo di 13 ore di lavoro in un solo giorno. Una vera e propria settimana lunga, e una decisione che, inevitabilmente, porta con sé una serie di vantaggi e svantaggi.

Come funzionerà la settimana lunga in Grecia

Questa misura è stata indirizzata specificamente ai settori industriale, delle telecomunicazioni e a quelle aziende che devono garantire un servizio ininterrotto 24 ore su 24. Non riguarda, invece, il settore turistico, dove le 40 ore settimanali in cinque giorni sono state già abolite lo scorso anno. Per rendere la proposta più allettante, il governo ha stabilito che il giorno di lavoro extra sarà retribuito il 40% in più rispetto a un giorno normale.

Il governo di centro-destra guidato da Kyriakos Mitsotakis ha giustificato questa decisione con la necessità di rimediare alla carenza di manodopera qualificata in molti campi, un problema aggravato dalla massiccia emigrazione di giovani greci negli ultimi anni. La popolazione del paese è infatti scesa dagli 11,1 milioni del 2009 agli attuali 10,3 milioni, e si prevede che continuerà a diminuire nei prossimi decenni. In questo contesto, aumentare le ore di lavoro potrebbe sembrare una soluzione pragmatica per sopperire alla mancanza di personale.

Un altro obiettivo dichiarato del governo è la lotta contro il lavoro nero, molto diffuso in Grecia. Attualmente, le aziende possono chiedere ai dipendenti fino a due ore di straordinario non pagato al giorno, teoricamente solo per brevi periodi e su base volontaria. Con la nuova legge, l’esecutivo spera di regolamentare meglio le ore supplementari e di garantire che i lavoratori vengano adeguatamente compensati per il loro impegno.

Questa misura ha suscitato numerose critiche. Le opposizioni accusano il governo di aver approvato la riforma senza consultare sindacati e lavoratori, e sottolineano come negli ultimi 15 anni le politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro abbiano indebolito la posizione dei dipendenti, molti dei quali non sono più coperti da contratti collettivi. Aris Kazakos, professore emerito di diritto del lavoro all’Università Aristotele di Salonicco, ha affermato che la legge “ucciderà la settimana di lavoro di cinque giorni”, avvertendo che quando le negoziazioni avvengono su base individuale, il datore di lavoro ha il controllo completo e può dettare tutte le condizioni, spesso a proprio esclusivo vantaggio.

Kazakos ha inoltre sollevato preoccupazioni riguardo ai rischi per la sicurezza, citando uno studio finlandese del 2010 che ha rilevato un aumento del 41% del rischio di infortuni passando da otto a dieci ore di lavoro al giorno. Un altro dato allarmante proviene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha stimato come nel 2016 ben 745.000 persone siano morte a causa di ictus e malattie cardiache legate a un eccessivo carico di lavoro.

Il mondo va in un'altra direzione: la sperimentazione della settimana corta

La questione dell’occupazione è un altro punto controverso. Nonostante in Grecia si lavori già più ore che in qualsiasi altro paese dell’Unione Europea, con una media di 39,8 ore settimanali rispetto alla media di 36,1, il tasso di disoccupazione rimane elevato, secondo solo a quello della Spagna. I critici della settimana lunga sostengono che questa misura potrebbe scoraggiare l’assunzione di nuovo personale, spingendo le aziende a fare lavorare di più i dipendenti già in forza.

Contrariamente a quanto avviene in Grecia, molte altre parti del mondo stanno sperimentando la riduzione delle ore di lavoro settimanali. In Europa, paesi come il Regno Unito, la Germania, il Belgio, la Francia, la Spagna e l’Islanda stanno testando la settimana di quattro giorni. Lo stesso accade negli Emirati Arabi, a Singapore e in Giappone. Gli esperimenti finora condotti hanno mostrato risultati promettenti: in un progetto britannico che ha coinvolto 61 aziende e 2.900 lavoratori, la settimana corta ha migliorato la salute fisica e mentale dei dipendenti, ridotto i livelli di stress e diminuito il turnover, senza compromettere la produttività.

Anche in Italia, alcune aziende stanno iniziando a esplorare questa strada. Società come Lamborghini, Intesa Sanpaolo, il gruppo Magister e Lenet hanno avviato sperimentazioni sulla settimana corta. Recentemente, anche EssilorLuxottica ha lanciato un programma che permetterà a circa 600 dipendenti di rimanere a casa per 20 venerdì del 2024.

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