Il tempo determinato e la somministrazione: lettura del Ministero del lavoro a valle della Circolare n°9

Il tempo determinato e la somministrazione

Il Ministero del Lavoro il 9 ottobre u.s. ha pubblicato sul proprio sito la Circolare n °9 da più parti attesa per le novità introdotte dal Decreto legge n °48/2023, c.d. decreto Lavoro, convertito in legge 3 luglio 2023, n°85.

Le importanti modifiche introdotte dal Decreto

È appena il caso di sottolineare, però, che le rilevanti novità sul rapporto a termine si riverberano anche sui rapporti a termine legati alle missioni di lavoro giusto il richiamo dell’art 34, comma 2, del Testo Unico dei contratti alla disciplina del Capo III del medesimo Testo.

Evidenziamo gli aspetti salienti per la somministrazione. Per la somministrazione a tempo indeterminato, l'art. 31 del D.lgs. 81/2015 prescrive un limite quantitativo che, fatta salva diversa previsione del contratto collettivo applicato dall'utilizzatore, non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso lo stesso utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del contratto. La Legge 85/2023 citata, come da ultimo ricordato dalla Circolare ministeriale n°9 del 9.10.2023, ha introdotto una modifica circa le deroghe per il contingentamento della somministrazione a tempo indeterminato, allineandola a quella delle deroghe previste per la somministrazione a termine.

Dalla data di pubblicazione del Decreto, 5 maggio 2023, è in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo indeterminato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4)e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014 come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Di altrettanto rilievo è la novella della L.85/2023 che inerisce un chiarimento sull’apprendistato: il limite quantitativo del 20% non dovrà tener conto   dei lavoratori somministrati ove assunti con contratto di lavoro in apprendistato. Si è dato chiarezza – a parere di chi scrive - per via normativa a quanto medio tempore si sosteneva da parte degli addetti ai lavori.

Chi sono gli svantaggiati e molto svantaggiati?

Il Decreto ministeriale del 17 ottobre 2017 specifica le condizioni che i soggetti devono avere per essere definiti "lavoratori svantaggiati" e lavoratori molto svantaggiati".

In sintesi, per essere compresi nella prima categoria i soggetti devono alternativamente:

a) non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

b) avere un'età compresa tra i 15 e i 24 anni;

c) non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non avere ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;

d) aver superato i 50 anni di età;

e) essere un adulto che vive solo con una o più persone a carico;

f) essere occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;

g) appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e avere la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile".

Appartengono alla seconda categoria i soggetti che sono privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito.

Sono altresì "lavoratori molto svantaggiati" i soggetti che, privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito, appartengono a una delle categorie previste dalle lettere da b) a g) del numero 1) del medesimo Decreto ministeriale, come sopra riportate.

Ulteriori novità apportate dal Dl lavoro per la somministrazione.

Come detto, l’art 34, comma 2 del testo Unico dei contratti, prescrive che: “In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore”.

La legge di conversione del decreto Lavoro, come ricordato dalla citata circolare ministeriale n°9, prevede dal 4 maggio u.s.  l’acausalità del rinnovo di contratto a tempo determinato se il termine complessivo non eccede i 12 mesi, assimilandolo alla disciplina in tal senso della proroga.

Con la modifica introdotta, il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle causali di cui al novellato art. 19, comma 1, D.lgs. n. 81/2015.

Non viene variata dalla norma la durata complessiva dei rapporti a termine di 24 mesi, salvo la diversa durata prevista dalla contrattazione collettiva.

Per effetto della enunciata assimilazione normativa, quanto sopra detto vale anche per i rapporti di lavoro a termine per missioni lavorative in somministrazione.

Si noti bene. Ai fini della durata complessiva è importante ricordare e tener presente che:

ai fini del computo del periodo dei 24 mesi o del diverso periodo previsto dalla contrattazione collettiva, si tiene conto dei periodi dei rapporti a termine diretti e di quelli di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.

Qualora il limite dei ventiquattro mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

È bene, altresì, ricordare che l’art. 21 del vigente CCNL della Somministrazione indica che per i contratti di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione stipulati tra Agenzia e lavoratore, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, a far data dal 1° gennaio 2019 la durata massima della successione dei contratti a termine tra le medesime Parti è così articolata:

a) nelle ipotesi di somministrazione di lavoro con il medesimo utilizzatore, i criteri di computo e la durata massima sono individuati dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. In assenza di tale disciplina la durata massima della successione dei contratti è fissata in 24 mesi;

b) nelle ipotesi di somministrazione di lavoro su diversi utilizzatori, la successione di contratti di lavoro a tempo determinato tra Agenzia e lavoratore non può superare la durata massima complessiva di 48 mesi.

Il decreto Lavoro non ha introdotto nessuna modifica circa il contributo addizionale dello 0,5% a carico del datore di lavoro e/o Agenzia per il lavoro dovuto in occasione di ciascun rinnovo del contratto a termine così come previsto dall’art. 2, comma 28, della Legge n. 92/2012 e s.m.i..

La neutralizzazione dei contratti di somministrazione a tempo determinato sottoscritti fino al 4 maggio 2023

Altra importante novità – inerente per le ragioni dette anche la somministrazione - riguarda i criteri di calcolo dei suddetti 12 mesi che fanno insorgere l’obbligo di indicare la causale in caso di proroga o rinnovo. La legge di conversione del decreto Lavoro fissa, a tal riguardo, una regola transitoria di notevole impatto: ai fini del computo dei 12 mesi che determinano l’insorgenza dell’obbligo di indicare la causale, vanno considerati i soli contratti stipulati dal momento di entrata in vigore del D.L n. 48/2023. Pertanto, per tutti i rapporti a termine (e pertanto anche a scopo di somministrazione a tempo determinato) il calcolo della soglia dei 12 mesi deve considerare solo i periodi di lavoro intervenuti dal 5 maggio 2023.

La norma introduce un azzeramento del contatore, considerato che, a decorrere dal 5 maggio 2023, possono essere stipulati nuovi contratti a termine o può essere disposta la proroga -anche di precedenti contratti-  senza considerare, per il raggiungimento dei suddetti 12 mesi e della conseguente necessità di inserire una causale, la durata dei rapporti a termine sottoscritti prima di tale data. Su tale aspetto la lettura ministeriale con la circolare n°9   assume un particolare rilievo nella parte in cui argomenta della stipula dei contratti e/o le proroghe. Tale lettura è sicuramente utile per i responsabili del personale e loro consulenti, ma soprattutto per gli ispettori della vigilanza, nell’auspicio, però, di una tenuta in sede di eventuali contenziosi giudiziali.

Superato il limite dei 12 mesi, dianzi detto, è necessario inserire una delle causali del novellato art. 19, comma 1, del Decreto Legislativo n. 81/2015.

Appare utile, altresì, ricordare che in una logica di razionalizzazione normativa il Dl Lavoro, come menzionato anche dalla circolare n°9, precisa che per le pubbliche amministrazioni ed altri enti –  vedi art.19, comma 5-bis del Testo Unico dei contratti- non si applicano i limiti temporali e le condizioni previsti dal Decreto, rimanendo invece valida la previgente normativa rispetto alle variazioni imposte dal Dl 87/2018. In tali casi anche la somministrazione presso tali enti ne segue la precedente regolamentazione.

Un articolo a cura del dottor Michele Regina, consulente del lavoro ed esperto del mondo HR

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