Diritto alla disconnessione del lavoratore nello smart working: la prima legge

Diritto alla disconnessione

Il 6 maggio scorso può essere annoverato come una data davvero importante per il presente e il futuro dello smart working. È in quel giorno, infatti, che è stata regolamentata per la prima volta la disciplina del diritto alla disconnessione del lavoratore.

Un vero e proprio debutto nell’ordinamento italiano, che prevede ora, in maniera esplicita, il riconoscimento al dipendente che lavora in modalità agile il diritto di disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche utilizzate per svolgere la prestazione lavorativa. Diritto di disconnessione

Diritto alla disconnessione, un passo in avanti concordato dal Garante e dall’Europa

Conversione del decreto legge 13 marzo 2021, n. 30, entrata in vigore il 13 maggio 2021, la legge n°61 del 6 maggio 2021 aggiunge all’articolo 2 il comma 1-ter, che così recita: “Ferma restando, per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L'esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

Un vero e proprio passo in avanti, decisivo, per la garanzia di maggiori tutele ai lavoratori in smart working, rispetto alla legge del lavoro agile in vigore fino a quel momento, approvata il 22 maggio 2017, che non contemplava un diritto alla disconnessione direttamente invocabile dal lavoratore; ma affidava all’accordo con cui si disciplina tale modalità di lavoro, l’individuazione delle “(…) misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro”.

Una posizione, questa, avallata sia dal Garante per la protezione dei dati personali, che stabilisce come vada “assicurato anche quel diritto alla disconnessione, senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa”, così come il Parlamento europeo, che agli inizi del 2021 aveva approvato la “Risoluzione del 21 gennaio 2021 recante Raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione”.

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