Privacy, la pandemia ha aumentato i rischi: il parere dell’Autorità

Privacy

Uno dei temi sul quale si è concentrata maggiormente, nelle ultime settimane, l’attività dell’Autorità garante della privacy è senza dubbio l’aumento dei rischi per la protezione dei dati personali in seguito alla pandemia.

Un dibattito, quello sulla privacy, iniziato con Immuni già dallo scorso 2020, così lontano eppure così vicino, che da poco si è spostato sulla questione relativa ai QR Code del Green Pass, nonché sulla querelle sull’app Io.

Nella relazione annuale dell’Autorità garante della privacy, il presidente Pasquale Stanzione ha posto l’accento su alcuni aspetti senza dubbio molto significativi, sottolineando la necessità di informare adeguatamente i cittadini sul funzionamento degli algoritmi che regolano le varie piattaforme.

Il primo rischio, è quello della monetizzazione dei dati personali degli utenti, uno spauracchio da evitare assolutamente. Un discorso attuale in Italia, dove si sono moltiplicati gli operatori che si offrono come mediatori tra cittadini e imprese per l’uso dei loro dati. A novembre 2020, a tal proposito, in Europa è stata presentata la proposta di regolamento per un Data governance act, per favorire il riuso e lo scambio di dati, anche personali, tra pubblico e privato e tra imprese, evitando così la ‘rifeudalizzazione’, così ribattezzata da Stanzione.

Altro punto focale, come confermato anche dai garanti europei e chiesto da una campagna europea dei cittadini, anche il Garante italiano ha ribadito la sua posizione ferma contro l’uso di tecnologie per il riconoscimento biometrico e facciale, soprattutto quando usato dalle forze dell’ordine, e quando non sia delimitato dalle opportune salvaguardie. No alla sorveglianza di massa, dunque, per una padronanza maggiore e più consapevole del tema della privacy.

Per il Garante, quest’ultima è tutt’altro che un ostacolo: “La privacy è un vantaggio competitivo per il sistema-Paese e, assieme, presupposto di legittimazione dell’azione pubblica”, afferma il presidente dell’Autorità. Insomma, limiti per frenarne l’azione, per contrastare la anomia, ovvero la mancanza di norme, ma non certo per impedirne l’efficacia.

 

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