Il rapporto a termine dopo il DL Sostegni: alcune novità

rapporto a termine

Dopo le varie novità in materia è utile effettuare una breve ricognizione sulla normativa emergenziale sui rapporti a termine. Il DL 41/2021 del 22 febbraio del 2021, cosiddetto DL “Sostegni”, modificando l’articolo 93 del decreto Rilancio, ha disposto l’ulteriore proroga della deroga ai vincoli posti per il rinnovo e/o la proroga dei contratti a termine anche mediante somministrazione.

Tale ulteriore proroga si è resa necessaria in considerazione degli ultimi dati preoccupanti diffusi dall’Istat in tema di calo dell’occupazione femminile e giovanile e, in particolare, sui rapporti flessibili.

In ragione della novella del citato DL 41 sarà possibile accedere fino al 31 dicembre 2021 alla proroga e/o al rinnovo dei contratti a tempo determinato nel rispetto della durata massima complessiva di 24 mesi. Si precisa che ciò sarà possibile per un periodo massimo di 12 mesi per una sola volta in assenza delle causali e senza obbligo dello Stop&Go. La novella del DL citato introduce una nuova disposizione di assoluto interesse: nella concreta applicazione normativa non si tiene conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti.

La disposizione opera nei casi in cui il lavoratore abbia reso la propria attività lavorativa all’interno dell’azienda con un contratto di lavoro a tempo a termine o in somministrazione, e per il quale l’azienda abbia proceduto a rinnovare il rapporto di lavoro, ovvero qualora il rapporto in essere venga prorogato. Tale agevolazione normativa è esclusa allorquando si tratti di una prima assunzione a tempo determinato, per la quale ordinariamente in base all’articolo 19, comma 1, del D.lgs 81/2015 e s.m.i., vi è la possibilità di instaurare o prorogare contratti a termine acausali ove la durata non ecceda i primi 12 mesi.

La proroga dell’agevolazione in discorso, come di recente chiarito dal Dicastero Lavoro con l’Interpello n. 2 del 3 marzo 2021, si applica anche ai contratti di lavoro in somministrazione a termine per i quali in via eccezionale, vista la fase emergenziale, potranno essere rinnovati e/o prorogati oltre i 12 mesi anche in assenza di causali, fermo il rispetto degli altri limiti previsti dalla legge.

La norma ha anche lo scopo non celato di evitare il ricorso a strumenti di sostegno al reddito (Naspi), che sarebbe necessario attivare per i lavoratori cessati, ma per il tempo necessario alla loro riattivazione. A ciò si aggiunga la provvisoria abrogazione dell’obbligo di indicare la causale in caso di rinnovo ovvero di proroga in fase emergenziale. Questa proroga non dovrà essere computata tra quelle previste dalla normativa   di riferimento; quindi non rientra nel limite delle quattro proroghe a disposizione del datore di lavoro. Viene altresì sospesa, come detto, la regola che prescrive, in caso di rinnovo di un contratto a tempo determinato, una vacanza contrattuale, c.d. Stop&Go, di almeno 10 o 20 giorni dal precedente contratto a termine, a seconda che il contratto, appena terminato, sia stato di una durata sino a sei mesi, ovvero superiore ai sei mesi.

Occorre però prestare la massima attenzione. La mancata obbligatorietà, nell’applicazione di queste regole può avvenire solo una volta con il medesimo lavoratore, ma tale nuovo limite ha efficacia dalla vigenza del DL 41/2021 (23 marzo 2021), senza tener conto di eventuali rinnovi o proroghe sulle quali l’agevolazione sia stata già utilizzata, per le precedenti norme.

La nuova normativa quindi impone che:

  • il contratto a termine agevolato, per rinnovo o proroga, non potrà superare i 12 mesi;
  • la durata massima complessiva, tra tutti i rapporti di lavoro a termine intercorsi con il lavoratore, non potrà essere superiore ai 24 mesi.

A prescindere da tale agevolazione normativa il datore di lavoro dovrà in ogni caso tener presenti questi ulteriori limiti:

  • i 24 mesi di durata massima complessiva ovvero quelli previsti dalla contrattazione collettiva;
  • le ordinarie 4 proroghe nell'arco di 24 mesi al netto della proroga una tantum acausale posta dalla normativa emergenziale;
  • la percentuale massima di utilizzo dei rapporti a termine prevista dalla contrattazione collettiva di riferimento dell’azienda. Si ricorda che nel caso in cui la contrattazione non abbia disciplinato la percentuale, si applica la previsione legale, ossia il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione;
  • la contribuzione addizionale dell’1,4% e quella progressiva dello 0,5% per ogni rinnovo;
  • il divieto di attivare contratti a termine (anche in somministrazione) da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori con particolare riferimento alla attuale valutazione del rischio contagio da Coronavirus.

 

Un articolo a cura del dottor Michele Regina

 

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