Cosa ci insegnano le sentenze Facebook e Google sui "confini" di internet

Cosa ci insegnano le sentenze Facebook e Google

La Corte di Giustizia europea ha emesso a distanza di poche settimane una decisione relativa a Google sul diritto all’oblio e l’altra su Facebook relativa alla rimozione di contenuti illeciti che aprono a interessanti domande su come la territorialità debba essere gestita su internet.

 

Vs Google

Nella questione relativa a Google, la Corte ha sostenuto che di regola, a seguito di una richiesta di esercizio del diritto all’oblio ai sensi della normativa privacy europea, i motori di ricerca non sono tenuti a deindicizzare tutte le versioni a livello mondiale del proprio motore di ricerca, ma solo le versioni degli Stati comunitari, disincentivando gli utenti europei a usare le versioni non europee.

Vs Facebook

Una diversa posizione stata invece presa dalla Corte su di una questione relativa a Facebook e all’obbligo ai sensi della direttiva ecommerce dei cosiddetti hosting provider (per esempio, i siti internet che ospitano contenuti dei propri utenti come i social media) di rimuovere i contenuti dichiarati da un tribunale illeciti pubblicati dai propri utenti. In questo caso, la Corte di Giustizia ha preso una posizione estremamente protettiva dei diritti dell’utente, prevedendo che hosting provider come Facebook devono rimuovere a livello mondiale tutti i contenuti identici e con un contenuto equivalente a quello dichiarato illecito.

Un obbligo di rimozione dei contenuti a livello mondiale dovrà tener conto delle limitazioni imposte dalla normativa internazionale e, per esempio, dovrà ponderare la compatibilità con il principio del freedom of speech, la libertà di parola. Tuttavia, nelle due decisioni la Corte abbia assunto posizioni sostanzialmente diverse su questioni che in entrambi i casi possono avere un effetto negativo sulla reputazione degli individui, quale conseguenza dell’ubiquità dell’internet.

Situazioni opposte

La differenza di trattamento potrebbe essere giustificata dal fatto che si tratta di scenari diversi. Nel caso di esercizio di un diritto all’oblio ai sensi della normativa privacy ci troviamo di fronte a una notizia vera, ma non più attuale. Al contrario, con riferimento all’obbligo di rimozione di contenuti illeciti ai sensi della normativa ecommerce il contenuto è illecito, perché, per esempio, potrebbe essere falso o diffamatorio.

Un’altra differenza è data dalla circostanza secondo cui la posizione della Corte nella sentenza Facebook sembra presupporre (ma non è del tutto chiara sul punto) che la presenza della decisione di un tribunale che ha dichiarato il contenuto illecito e ha ordinando la sua rimozione a livello mondiale.

Il diritto all’oblio invece un diritto del singolo individuo per il quale soggetti come Google ricevono migliaia di richieste al giorno senza che ci sia stata la precedente decisione di un tribunale che ha riconosciuto la fondatezza della richiesta. Però, anche in questo caso, se i presupposti dell’esercizio del diritto all’oblio sono considerati presenti, perché se ne dovrebbe limitare la portata territoriale?

Ritengo che ci troviamo in una fase transitoria in cui anche i tribunali europei non hanno ancora deciso che direzione assumere. In questo periodo diventa ancora più importante definire in modo accurato la propria strategia processuale perché, quando più opzioni sono sul tavolo, il risultato finale potrebbe essere sostanzialmente diverso a seconda di quale diritto viene esercitato.

 

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