Decreto Dignità: Cosa cambia per i contratti a termine?

Il decreto del ministro Di Maio limita i rinnovi dei contratti a tempo determinato, introduce di nuovo le causali e inserisce costi aggiuntivi per le proroghe.

 

È arrivato il via libera del Consiglio dei ministri al Decreto Dignità. Il primo passo del governo, come affermato dal ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, nella direzione di una guerra alla precarietà. A cui dovrà seguire un abbassamento del costo del lavoro, da inserire nella legge di bilancio, per tutelare aziende e lavoratori.

 

Contratti a Termine: i dati Istat

L’Istat evidenzia che i contratti a termine nel nostro Paese non sono mai stati così tanti. Attualmente sono quasi 3 milioni gli italiani occupati con contratti a termine su oltre 17 milioni di lavoratori dipendenti. L’Italia è poco sopra la media europea, secondo le comparazioni effettuate dalla Fondazione Adapt. Ma ci sono Paesi con medie superiori. Se in Italia i contratti a tempo determinato sono il 12,1% del totale, la Francia è al 14,9%, il Portogallo al 19% e la Spagna al 22,4%.

Il trend è in ascesa. Nell’ultimo trimestre i contratti a tempo determinato sono cresciuti di 69mila unità.

In aumento anche quelli di apprendistato. Calano invece di 23mila unità invece i tempi indeterminati e di 37mila gli indipendenti.

Secondo l’Inps, che ha verificato i dati sul mondo del lavoro dal 2015 al 2017, la crescita degli occupati (+800 mila unità) è quasi del tutto ascrivibile all’aumento dei contratti a tempo determinato. Solo nel 2017, i tempi determinati sono cresciuti di 537mila unità, mentre si sono persi 117mila posti a tempo indeterminato.

 

Decreto Dignità: cosa cambia per i contratti a termine?

Il decreto limita l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine. Sono reintrodotte le causali. Ossia, d’ora in poi, il datore di lavoro dovrà dimostrare i motivi che lo hanno condotto a utilizzare questo strumento.

L’esecutivo Conte dà un taglio alla durata dei tempi determinati che passeranno dall’attuale massimo di 36 mesi a 24 mesi, con un numero massimo di rinnovi che scende a quattro. Solo per i primi 12 mesi poi, l’azienda potrà assumere senza causale, cosa che invece dovrà avvenire per gli eventuali rinnovi.

Per disincentivare la precarietà inoltre, aumenta di uno 0,5% il contributo aggiuntivo sui rinnovi, rendendo più onerose le proroghe per le imprese. Inoltre, aumentano del 50% gli indennizzi (fino a un massimo di 3 anni) per chi viene licenziato senza giusta causa o per motivi economici. Il provvedimento vale per tutti gli assunti dal 2015, ovvero col Jobs Acts (che non prevede il reintegro). Le misure si applicano anche ai contratti di somministrazione (a termine), per i quali varrà il nuovo limite dei due anni.

 

 



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