Stipendio, da luglio si cambia: stop alla busta paga in contanti

Fine dei pagamenti in contanti, l’obiettivo è smascherare le truffe. Il blocco vale anche per i salari di collaboratori o lavoratori a chiamata.

 

Stop alla busta paga in contanti

Dopo le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno durante l’assemblea di Confesercenti, in Italia si è tornato a discutere dell’opportunità o meno di porre un limite all’uso dei contanti. Intanto, proprio per garantire la tracciabilità dei pagamenti, dal prossimo primo luglio entrerà in vigore lo stop alla busta paga in contanti. Come previsto dall’ultima legge di Bilancio cambiano le regole per i datori di lavoro.

Dal prossimo mese dunque gli stipendi, ma anche gli eventuali anticipi o acconti, dovranno essere corrisposti esclusivamente via bonifico bancario o postale, o eventualmente tramite strumenti di pagamento elettronico, pagamenti in contanti allo sportello e assegni. In caso contrario, si rischiano sanzioni che vanno da 1.000 a 5mila euro (e possono ridursi di un terzo pagando entro 60 giorni).

La misura è pensata per prevenire gli abusi ed evitare le truffe delle false buste paga. È accaduto in passato infatti che alcuni lavoratori, magari sotto il ricatto del licenziamento, firmassero una busta paga con un importo maggiore a quanto effettivamente percepito.

La nuova norma, grazie alla quale il flusso di retribuzioni sarà tracciato, prova a ostacolare proprio queste pratiche, per tutelare i lavoratori ma anche le imprese corrette, che si trovano a combattere contro la concorrenza sleale di chi, evidenzia la legge, “scaricando falsi costi per il personale, accumula utili extra bilancio”.

 

Il nuovo obbligo, si legge nel documento ufficiale, si applica a “ogni rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa”. Parliamo quindi anche di contratti a tempo determinato, part time, i co.co.co, lavoro a intermittenza o a chiamata e tutte le forme di contratto delle cooperative con i propri soci.

Sono esclusi dal provvedimento invece, i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, i lavoratori domestici – come colf, baby sitter o badanti – e i compensi per gli stage.

 

 



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