Mercato farmaceutico, continua la crescita

Mercato farmaceutico, continua la crescita

Incide il tasso di penetrazione di nuove molecole nei mercati maturi. Meglio quelli più recenti dove l'ingresso di farmaci innovativi permette uno sviluppo molto più robusto. Se ne è parlato in occasione dell'8° life sciences & healthcare annual day organizzato da Dhl l'8 novembre a Milano.

 

Continua la crescita nel mercato farmaceutico mondiale. A snocciolare qualche dato è Sergio Liberatore, senior vice president di Iqvia Italia durante il 8° life sciences & healthcare annual day organizzato da Dhl l’8 novembre a Milano. Liberatore traccia una linea dei dati che presentano il segno più in ogni angolo del mondo, nonostante il rallentamento nei Paesi occidentali. Guidano, infatti, i cosiddetti pharmerging, i mercati che si sono affacciati solo di recente alla competizione globale.

La differenza tra gli emisferi

Tra oriente e occidente la differenza si sente. Vero è che Usa e Europa mantengono valori positivi, tuttavia sono i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa per citare alcuni Paesi) le realtà che hanno mostrato notevoli balzi in avanti. “La velocità è variabile – dichiara Liberatore – ma nei prossimi cinque anni la crescita sarà tra il 3% e il 6%. La crescita è legata ai pharmerging, ossia quei Paesi emergenti che hanno pil pro capita di almeno 30 mila dollari. L’Europa perde terreno. Meglio gli Stati Uniti che crescono più velocemente e potrebbero anche raggiungere i pharmerging più avanti”.

Stati Uniti, motore del mondo

“Nei prossimi 5 anni – continua il presidente di Iqvia – il 50% della crescita proverrà dagli Usa. A seguire la Cina con il 15%. All’Europa il 10%”. Quello che Liberatore vuole sottolineare è che, al netto della capacità statunitense di mantenersi testa di serie per tassi di crescita, sta cambiando la penetrazione di nuovi farmaci. In Europa soprattutto, dove la popolazione sta invecchiando, si consumano più medicine e il mercato è ormai saturo. Cina, India, Brasile o Russia o le tigri asiatiche (Singapore, Corea del sud, Thailandia o Hong Kong), sono mercati che offrono opportunità nuove. E si vede.

Di mercati saturi e mercati nuovi

I pharmerging sono quelli che generano i consumi e permettono l’accesso a nuove cure. Inoltre, stando ai dati elaborati da Iqvia, nel prossimo lustro calerà il mercato delle terapie tradizionali a vantaggio delle specialità che occuperà il 37% del mercato. Di questo il 53% circa è relativo al mercato statunitense, mentre l’Europa si deve “accontentare” del 21%. Capofila tra le aree terapeutiche è l’oncologia.

Le cose stanno cambiando e Big Pharma sta rovesciando il paradigma. La ricerca e la commercializzazione in passato spettava esclusivamente alle aziende farmaceutiche. “Negli ultimi sei anni è cresciuto il ruolo delle piccole aziende come originator. Dal 40% si è passati al 60%”, continua Liberatore. In sostanza le grandi multinazionali si affidano sempre più alle piccole società che hanno la forza e la dinamicità per fare ricerca di qualità. Allo stato attuale ci sono 2500 molecole in fase avanzata che stanno per essere registrate. Il tasso di approvazione è di 50 prodotti all’anno. Un terzo di queste riguarda l’oncologia e l’8% attiene alla sfera delle terapie geniche. Si è passati da un sistema “farmacocentrico” a “serviziocentrico”. La nascita di nuove tecnologie (big data e blockchain) e servizi (anche e soprattutto logistici e di sicurezza della R&S) impone un cambio di paradigma che va a beneficio di startup e piccole aziende. Di conseguenza aumentano anche le acquisizioni da parte delle grandi multinazionali.

Il mercato italiano

In Italia il mercato cresce del 4%. Ventidue miliardi di euro. Il retail occupa il 42% del valore di mercato nostrano, mentre quello ospedaliero il 48% con una crescita del 9% tra settembre 2017 e settembre 2018. Per quanto riguarda i consumi interni dell’ospedale il valore si attesta intorno ai cinque miliardi. Quasi sei miliardi, invece, per la distribuzione diretta. Bene anche la distribuzione per conto che segna un +13%.

La concentrazione della distribuzione intermedia

Dal 1999 al 2014 è stato lanciato il 63% dei prodotti sul mercato. Prima nel ’99 era solo il 24%. Nel biennio ’15-’17 il tasso è stato del 12%. Di quest’ultimi il 90% va soprattutto agli ospedali e solo il 5% in farmacia e dpc. C’è poi il tema della distribuzione intermedia e degli attori che la rendono possibile. In Italia c’è una concentrazione del mercato che per i top five player oggi tocca il 56%. Dieci anni fa era il 45%. “Ma non siamo tra i Paesi con il maggior tasso di questo tipo. In Germania e in Francia le cinque aziende specializzate in distribuzione occupano il 90% del totale. In Gran Bretagna l’80% è in mano a tre soggetti. Sul tema c’è poi l’aspetto che riguarda Amazon, il cosiddetto “elefante nella stanza”. Il suo ingresso nelle attività distributive è forse uno degli elementi di rottura che preoccupano più gli attuali attori della filiera.

 

 

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