Mercato dei Farmaci, trend e vendite: quali domineranno il 2018?

Nuova terapia “3 in 1” per l'Hiv. Anti infiammatorio contro il morbo di Crohn. Trattamenti che agiscono sui dolori alle articolazioni. Prodotti biologici e boom dei biosimilari. Tutti gli arrivi più interessanti sul mercato.

 

Farmaci e biotecnologie, lo slancio positivo del 2017 prosegue anche nel 2018. E il sostegno degli investitori nel settore è destinato a rimanere forte. Lo sottolinea Evaluate Pharma, una delle società specializzate più importanti negli Stati Uniti, nel report “Pharma & Biotech 2018 preview” che prevede che la nuova terapia anti-Hiv “3 in 1” di Gilead sarà il più interessante arrivo sul mercato, con vendite previste pari a 5 miliardi di dollari entro il 2022.

Mercato dei Farmaci

Humira, il più venduto. Humira (principio attivo adalimumab) di Abbvie, che riduce il processo infiammatorio nel trattamento, tra le altre, dell'artrite reumatoide, dell'artrite psoriasica, della spondilite anchilosante e del morbo di Crohn, sarà invece il farmaco più venduto nel 2018, con un fatturato che supererà i 20 miliardi di dollari nel mondo.

Bene Revlimid ed Enbrel. Sarà seguito dai 9,2 miliardi di dollari di Revlimid, antitumorale innovativo per il trattamento del mieloma multiplo, e da Enbrel, antireumatico che agisce diminuendo il dolore e il gonfiore delle articolazioni, al terzo posto con quasi 7,3 miliardi. Tutti gli altri si attestano tra i 6 e i 6,5 miliardi.

In generale l’oncologia, già il segmento da cui arrivano le maggiori entrate per le aziende farmaceutiche a livello globale, sarà quasi sicuramente il settore predominante fino al 2022. Nel 2016 questo tipo di farmaci ha totalizzato un fatturato di 93,7 miliardi di dollari, quasi 76 miliardi di euro. Tra cinque anni dovrebbero più che raddoppiare questo valore ottenendo ricavi per 192,2 miliardi, ossia quasi 156 miliardi di euro.

Crescono gli immunosoppressori

Secondo le previsioni i farmaci oncologici conseguiranno quasi un quinto, il 17,5%, sul totale dei ricavi realizzati da prodotti etici e da banco. Dopo l’oncologia, il tasso medio di crescita annua più elevato lo faranno segnare gli immunosoppressori, i farmaci dermatologici e gli anticoagulanti.

Secondo un’analisi della Deloitte, importanti risultati si attendono anche dai farmaci orfani (quelli potenzialmente utili a curare le malattie rare), che nei prossimi cinque anni dovrebbe raddoppiare in termini di volumi di vendita, dalla medicina personalizzata e dalla diagnostica in vitro. Gli analisti della società di consulenza prevedono per questi settori un incremento medio annuo pari al 6,5%. Raggiungendo complessivamente a livello globale, nel 2022, quota 1,06 trilioni di dollari (quasi 890 miliardi di euro).

Ad alimentare questa crescita contribuiranno il consolidamento del mercato dei generici a livello mondiale (nel 2022 i ricavi degli equivalenti saranno quasi pari al 29,2% di tutta l’industria pharma, nel 2017 pesavano sul totale all’incirca per il 28%) e i maggiori budget messi a disposizione da parte dei payer per i trattamenti innovativi più costosi o per i farmaci orfani.

Incremento del Settore Biologico

Buona parte del merito della crescita futura sarà da attribuire ai farmaci biologici che, entro il 2020, rappresenteranno oltre un quarto del mercato, insidiati dai biosimilari, cioè quei farmaci biologici simili per caratteristiche a un farmaco biologico originario precedentemente brevettato e autorizzato per la commercializzazione da diversi anni, il cosiddetto “farmaco di riferimento”, detto anche “farmaco innovatore”.

Questo perché molti dei principali prodotti prossimi alla scadenza sono biologici e i risparmi generati dai biosimilari sono consistenti. Il 30% solo nell’Unione europea, mentre i mercati d’elezione saranno sempre di più quelli asiatici. La Cina, per esempio, è il Paese che ha il maggior numero di biosimilari in pipeline: 269.

L’India, tradizionalmente competitiva per quanto riguarda la produzione di generici, ha 257 biosimilari nelle pipeline delle sue industrie. Gli Stati Uniti ne hanno in cantiere 187, tra i primi nove Paesi l’unico europeo è la Svizzera al sesto posto con 57 biosimilari, ma non fa parte dell’Ue.

In Italia, stando ai dati dell’ultimo report dell’Ibg, Italian Biosimilar Group, i biosimilari conquistano il 19% del mercato di riferimento, con una crescita dei consumi di quasi il 74% tra il 2016 e il 2017. Il restante 81% dei consumi nazionali resta in mano ai farmaci originator corrispondenti. Tre molecole biosimilari su otto hanno ormai sorpassato nelle vendite i rispettivi biologici originator.

La performance migliore è di Filgrastim: con i suoi cinque biosimilari in commercio ha assorbito il 92,7% del mercato a volumi. Al secondo posto le Epoetine, che hanno conquistato il 67,4%, terzi i biosimilari di infliximab, arrivati tardi sul mercato, nel 2015, e che, dopo una rapida ascesa, sono arrivati al 54,6% del mercato.

A registrare il consumo più alto di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza del 64,11% sul mercato complessivo di riferimento. Seguono, decisamente distanziate, Basilicata e Sicilia dove i biosimilari assorbono rispettivamente il 33,37 e il 32,77% del mercato di riferimento. Chiudono la graduatoria il Lazio con l’8,27%, l’Umbria al 7% e la Puglia con appena il 6,82%.

Efficacia e qualità per i pazienti

A rafforzare la posizione dei biosimilari è arrivata l’apertura dell’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco, che ha messo nero su bianco quanto già avanzato in una posizione preliminare del giugno 2016. I farmaci biosimilari sono «strumento irrinunciabile per lo sviluppo di un mercato dei biologici competitivo e concorrenziale, necessario alla sostenibilità del sistema sanitario e delle terapie innovative», si legge nel nuovo “Position paper” presentato a Roma.

Per Aifa si tratta dunque di farmaci con «garanzie di efficacia, sicurezza e qualità per i pazienti, in grado di garantire accesso omogeneo, informato e tempestivo» pur in un contesto di razionalizzazione della spesa pubblica. Insomma, «un’opzione terapeutica a costo inferiore per il Sistema sanitario nazionale che produce importanti risvolti sulla possibilità di trattamento di un numero maggiore di pazienti e sull’accesso a terapie ad alto impatto economico».

Spetterà solo a Ema, l’Agenzia europea per il farmaco, «valutare la biosimilarità sulla base delle massime evidenze scientifiche disponibili», senza ulteriori valutazioni comparative a livello regionale o locale. Si chiarisce, inoltre, che «i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati sic et simpliciter alla stregua dei prodotti generici, o equivalenti», e perciò sostituibili automaticamente dal farmacista senza consultare il medico proscrittore, al quale «è affidato il compito di contribuire a un utilizzo appropriato delle risorse ai fini della sostenibilità del sistema sanitario e la corretta informazione del paziente sull'uso dei biosimilari».

 



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