Afghanistan, dove non c’è più una stampa libera: le giornaliste si coprono il viso

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I presentatori televisivi che devono coprirsi il viso dimostrano che non c'è più una stampa libera in Afghanistan.

Nel maggio scorso, i talebani hanno ordinato a tutte le conduttrici televisive di coprirsi il viso mentre sono in diretta. Questa sentenza è solo uno dei tanti atti oppressivi che i talebani hanno commesso alle donne nel paese da quando sono saliti al potere. Da allora, alcuni dei loro colleghi maschi hanno seguito l'esempio, indossando loro stessi maschere per protesta.

In quel Paese, da quando i talebani – nel 2021 – sono saliti al potere, quella che dovrebbe essere un'espressione di libertà, che si muove all'infinito in un flusso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, di diverse prospettive, storie e intuizioni, il giornalismo diventa tutt’altro che libero. D’altronde, il modo in cui ci vestiamo, parliamo, scriviamo, tocchiamo e creiamo, è espressione della nostra personalità, oltre che della nostra professionalità, ovviamente.

Per l'Afghanistan, vedere le conduttori femminili sugli schermi televisivi è stato un passo verso il tipo di progresso che il Paese stava costruendo da molto tempo, e che avrebbe portato le bambine a sognare un futuro differente rispetto a quello a cui potevano aspirare. Coprire il volto delle giornaliste nei loro servizi diventa un passo altrettanto lungo, ma verso il regresso.

Per fortuna, il mondo dell’informazione non è rimasto del tutto inerme di fronte a questi atti: le immagini con l'hashtag " freeherface" hanno circolato a lungo sui social media, con i colleghi maschi che, solidali con le presentatrici, invitano al cambiamento indossando delle maschere. Mentre i talebani continuano la loro facciata e la mascherano in nome della religione, ricordiamoci che questo non è ciò che insegna l'Islam.

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