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Per poter crescere le aziende hanno bisogno di talenti

 

Per poter crescere le aziende hanno bisogno di talenti ma al giorno d’oggi è sempre più difficile trovarli. Di seguito sono presentati i principali motivi che frenano o favoriscono la scoperta di un talento da parte dei recruiter.

 

Le caratteristiche di un talento

Un talento è una persona capace di incanalare in maniera produttiva quelle caratteristiche innate che ognuno coltiva dentro di sé e – attraverso le sue esperienze e potenzialità – di portare l’organizzazione in cui si inserisce a raggiungere quei traguardi che prima non era in grado di ottenere. Un talento non è quindi una persona che necessariamente ha qualcosa più degli altri ma si distingue perché è in grado di vedere ciò che altri non vedono e che poi sanno come agire per apportare un valore aggiunto. Questi profili permettono all’azienda di non solo di essere più produttiva ma anche di crescere aprendosi a nuovi canali di business. Esistono dei test che aiutano a identificare questi profili ma la parte del colloquio individuale e dell’intervista strutturata, se eseguita da professionisti nel mondo dell’HR, è molto più produttiva.

 

Il talento non ha età

Età e talento non sono direttamente collegate. Ci sono persone molto giovani che, pur non avendo un particolare background tecnico, si distinguono per una capacità di apprendimento molto veloce e che, grazie al loro spirito arguto, intuiscono subito in quali aspetti possono portare un valore aggiunto, ottenendo così un netto miglioramento dei risultati. Se consideriamo i talenti non più giovanissimi, si entra nel campo del “multipotenziale”. Si tratta di persone che si esprimono su più campi, completamente diversi tra di loro, ottenendo ottimi risultati. Queste risorse fino a qualche tempo fa erano considerati soggetti poco concludenti ma in realtà sono da considerarsi geniali.

 

I social network sono uno strumento per promuovere il talento

Per i selezionatori i social network offrono un vantaggio in fase investigativa perché offrono dati che appartengono alla vita delle persone. Per quanto riguarda il candidato, se questo riesce a capire la logica e la dinamica sottese ad ogni piattaforma social, può costruire il proprio brand e con quello può avvicinarsi ai propri sogni e farsi notate. Questa operazione richiede tempo e sacrificio, non basta pubblicare foto e curriculum. La persona deve saper parlare di sé e trasferire agli altri quella che è la propria value proposition. Deve riuscire a comunicare quel valore aggiunto che può portare all’organizzazione, senza cadere nel narcisismo.

 

 

Il talento si può nascondere anche nelle persone scoraggiate

La crisi economica globale ha portato ad un senso generale di scoramento che può mascherare il talento. Qui sta all’occhio esperto del selezionatore, che attraverso una strutturazione dell’iter selettivo, può gestire questa impasse. Capita spesso che soggetti molto giovani non siano preparati a livello educativo, ovvero non hanno la consapevolezza che il mondo può anche essere una giungla. Questo li porta facilmente ad autoconvincersi che il proprio valore sia inferiore a quello reale e questo può emergere durante un colloquio se pur non esplicitamente. Il buon selezionatore è colui che riesce a sgretolare i muri e a smascherare scovando il talento che magari può soddisfare i bisogni organizzativi della società cliente.

 

L’Italia fucina di talenti che emigrano ma non ne importa dall’estero

Molti talenti italiani lavorano all’estero ma pochissimi talenti stranieri scelgono il nostro Paese per la propria professione. Il problema principale è che la nostra è una nazione poco meritocratica e questo alla lunga non crea un vantaggio al business. L’Italia importa per lo più manodopera dalle nazioni poco sviluppate mentre altre realtà europee attingono ed investono anche in profili molto più elevati. Sebbene possa sembrare banale, il problema principale è che l’Italia non è una attrattiva per anglosassoni o americani proprio per la mancanza di meritocrazia e di percorsi di crescita strutturati. Ovviamente questa criticità non è presente in quelle imprese strutturate che invece investono in ricerca e sviluppo.

 

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Fonte:Adami&Associati dal Blog risorseumane-hr



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