P2B, cosa dice il Regolamento UE 2019/1150 sulle piattaforme

P2B, cosa dice il Regolamento UE 2019/1150 sulle piattaforme

Il 12 luglio 2020, è entrato in vigore il Regolamento Ue 2019/1150 sulla promozione di equità e trasparenza dei servizi di intermediazione online nei confronti degli utenti commerciali (P2B, ossia Platform to Business).

L’avvocato Luca Davini, tramite il blog “I Mantelli”, ha spiegato cosa dice il regolamento, e ha raccontato l’impatto del P2B sui contratti di distribuzione e franchising.

 

P2B, cos’è una piattaforma e qual è il ruolo degli intermediari: cosa dice la legge

Le disposizioni del Regolamento – spiega Davini – mirano a disciplinare in particolare i rapporti tra fornitori di servizi e, da un lato, motori di ricerca online e, dall’altro, le imprese (con lo specifico obiettivo di tutelare le piccole e medie imprese). Tale esigenza nasce dallo sviluppo crescente delle piattaforme online, le quali ricomprendono vari soggetti, tra cui piattaforme di vendita, app stores, piattaforme per la consegna di alimenti, social networks e motori di ricerca.

A tal proposito, il Regolamento 2019/1150 stabilisce in maniera chiara cosa si intenda per “piattaforma”, quale sia il ruolo degli “intermediari” (tra imprese e consumatori) e a chi vadano applicate le nuove regole. In particolare, ciò che conta non è il luogo dove si conclude la transazione tra impresa e utente finale, ma il momento nel quale avviene l’incontro: in altre parole, se la piattaforma funge da effettivo intermediario tra azienda e consumatore, allora sarà soggetta alle previsioni della nuova regolamentazione.

Inoltre, le disposizioni trovano applicazione indipendentemente dal luogo di stabilimento o di residenza del prestatore di servizi, purché i servizi siano forniti o offerti ad utenti che hanno il loro luogo di stabilimento o residenza all’interno dell’Unione europea e soprattutto siano utili al fine di fornire beni/servizi ai consumatori UE.

Regolamento P2B, cosa dice la legge: obblighi, disciplina per distributori e franchisees

Ulteriori previsioni stringenti chiariscono poi in maniera specifica tutta una serie di obblighi, tra cui:

  • l’obbligo per i fornitori di assicurare che le condizioni generali di vendita siano redatte con un linguaggio semplice e comprensibile;
  • specifiche regole procedurali per eventuali vicende restrittive o sospensive della fornitura;
  • una disciplina stringente in tema di graduatorie sui motori di ricerca, trattamenti differenziati, disposizioni contrattuali da inserire nelle condizioni generali di vendita, accesso ai dati, etc.;
  • l’obbligo in capo al fornitore di prevedere, all’interno delle condizioni generali di vendita, la possibilità di risoluzione extragiudiziale di eventuali controversie attraverso il ricorso a mediazione.

Con specifico riguardo poi alle aziende che vendono prodotti attraverso reti di distribuzione e franchising, le piattaforme online rappresentano sicuramente un’ottima opportunità per raggiungere un numero sempre maggiore di clienti, a patto però di operare nel rispetto della normativa antitrust, ad esempio in materia di prezzi di vendita.

In tal senso, dunque se le aziende, da un lato, beneficiano del Regolamento 2019/1150 per quanto riguarda la protezione delle stesse da un uso scorretto delle piattaforme online, dall’altro, sono però soggette alle regole stringenti in materia di antitrust e dunque non possono limitare distributori e franchisees nelle vendite attraverso le piattaforme.

In conclusione, per le aziende che vogliano ricorrere alle piattaforme online è imprescindibile disciplinare a livello contrattuale, in maniera chiara e completa, il rapporto con distributori/franchisees, prevedendo, se del caso, un’apposita clausola in materia di utilizzo di dette piattaforme.

Avv. Luca Davini

(Docente del Master Giuristi d’Impresa)

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